Si può cominciare a raccontare di un’emozione partendo da un paio di orecchini? Li giro tra le mani e sono ripieni, inconsapevolmente, della luce di quel giorno in cima a Buffalo Pass, mentre lasciavamo il Colorado verso l’Arizona.
Due bimbi schizzano giù da una macchina, le nonne li seguono ridendo, scambi di sguardi curiosi tra di noi, sorridono. In qualche modo siamo degli intrusi o meglio loro ospiti
Ci chiedono da dove veniamo, l’inglese come merce di scambio comunicativa, commentano la nostra distanza immensa da casa, ci raccontano della festa di musica e danze della sera prima: indicano un posto all’orizzonte e con rispetto pronunciano il nome della montagna. Shiprock. Per loro Navajo è una delle 4 montagne sacre.
Lei mi sorride, parla a stento, poche parole nella sua lingua, ripete solo “well, well”, mi da’ una carezza, le chiedo il nome del bimbetto che tiene in braccio: il viso sembra scolpito con il colore della terra di quella zona. Ora anche gli uomini si avvicinano, più disinvolti, protettivi della riservatezza delle loro donne. Lei si toglie gli orecchini e me li mette in mano: non capisco se sia un dono o un goffo tentativo di vendita… È invece davvero un dono e la loro bellezza ora mi guarda, riflettendo quel cielo blu e quell’emozione di stare vivendo un attimo fuori dal mondo. Ya Te, goodbye, dolci persone Navajo.