C'è un progetto che alcuni di noi di English Corner seguiamo con particolare amore e interesse: Humans of New York.
Si tratta di una serie fotografica cominciata nel 2010 da Brandon Stanton. Come dice lui stesso sul blog che raccoglie tutte le sue foto, l'idea con cui è partito era di fotografare 10.000 Newyorchesi, per strada, e creare un catalogo degli abitanti della città. Nel corso del tempo Brandon ha cominciato a intervistare i suoi soggetti, oltre che fotografarli, e a raccogliere tutte le loro storie nel blog, che con il passare del tempo ha collezionato più di 20.000 followers in giro per il mondo, trasformadosi poi in diversi libri: Humans of New York, Humans of New York: Stories e altri.
Il principio è semplicissimo: dei ritratti, per lo più scattati per strada, e un paragrafo, in prima persona, in cui "l'umano" fotografato si racconta.
Troviamo quindi una giovane ragazza sotto la neve che racconta di come lei e sua mamma hanno disimparato a comunicare in seguito alla malattia del padre.
L'attore definito "etnicamente ambiguo" che quindi viene chiamato per interpretare personaggi provenienti da ogni paese del mondo.
O ancora una coppia al parco con dei sorrisi che trasmettono gioia pura perché hanno appena deciso di sposarsi.
Questo è Humans of New York: un catalogo non dei Newyorchesi ma di tutti noi, con le nostre emozioni, le nostre battaglie e le nostre vite, e la fede incrollabile che tutti noi abbiamo nel domani.
Uno degli ultimi ritratti potrebbe/dovrebbe essere preso come manifesto non solo del progetto, ma dell'intera umanità.
Guardando la foto - perché questa è la chiave di HONY: prima l'espressione, i tratti, la luce del soggetto fotografato raccontano un vero universo, e poi eccola, la loro storia, così personale, così intima eppure improvvisamente così pubblica - si vede una donna distinta, una manager forse, con il volto segnato da tanta vita ma in qualche modo sereno. Una donna che ispira fiducia.
Melissa Fleming racconta che negli ultimi 8 anni è stata a capo delle comunicazioni della UN Refugee Agency, forse più conosciuto come l'UNHCR, l'organizzazione globale delle Nazioni Unite, nata allo scopo di proteggere e sostenere le vite dei rifugiati politici e richiedenti asilo. Ha da poco scritto un libro A Hope more powerful than the Sea, che racconta la storia di una donna siriana sopravvissuta al naufragio della barca su cui cercava salvezza.
"Il mio lavoro", dice Melissa, "è fare in modo che le persone si preoccupino/si prendano cura (buona lezione d'inglese questa: come si traduce "to care" quando ha entrambi i significati?) dei sessanta milioni di persone dislocate nel mondo. Vorrei poter raccontare ogni singola storia di queste persone. Perché se la gente conoscesse le loro storie, non penso che ci sarebbero tanti muri." e continua "Penso semplicemente che le persone facciano fatica a preoccuparsi degli altri quando si sentono insicure. Quando il mondo è instabile, le persone si sentono vulnerabili. E le persone vulnerabili si focalizzano sul proteggere quello che hanno.".
Ecco qui, tutto così semplice eppure con delle conseguenze così grandi. Basta la voce di una persona per aprire gli occhi ad almeno cento altre e proprio questa è - a nostro parere - l'anima di Humans of New York: ricordarci una cosa che sembra banale ma che nello scorrere frenetico della vita tendiamo comunque a dimenticare.
Che ognuno di noi ha una storia unica alle spalle che merita di essere ascoltata.